
La forma d’arte sicuramente più popolare è la musica. Non esiste civiltà, comunità o singolo individuo, che non abbia prodotto, o semplicemente ascoltato, un brano o una melodia, indipendentemente dal genere musicale.
Le origini della musica
Di certo la musica rappresenta la forma artistica più antica. Prima ancora che l’essere umano facesse la sua comparsa sulla terra, infatti, la musica aveva trovato il suo spazio nell’universo.
Parliamo della musica della natura, del canto degli uccelli primordiali, del fischio del vento tra le fronde degli alberi, del ticchettio della pioggia sulle foglie della foresta. Parliamo del ritmo che discende dal moto perenne del sistema solare: l’alternarsi del giorno e della notte, dell’autunno e della primavera.
Possiamo ritenere, con ragionevole certezza, che l’uomo primitivo abbia imparato ad imitare il canto degli uccelli per poterli cacciare, o il verso degli animali selvatici affinché si avvicinassero senza paura.
Fu il ritmo la prima espressione musicale dell’uomo.
Il ritmo ottenuto dal battere delle mani, dei piedi sul duro terreno, dei sassi che, pian piano, divennero utensili da lavoro e armi da caccia. Un ritmo accompagnato da vocalizzi gutturali e inarticolati che avevano il compito di esprimere gioia, paura, dolore.
Fu forse il suono emesso dalla corda dell’arco che vibra dopo aver scoccato la freccia, o quello proveniente dal tronco d’albero cavo battuto coi palmi delle mani, o dal segmento della canna lacustre in cui si soffia per alimentare il fuoco, a dare vita ai primordiali strumenti musicali. Col tempo si è passati dall’arco all’arpa, dal tronco al tamburo, dalla canna al flauto, in una continua evoluzione che ancora oggi non accenna a rallentare la sua corsa.
L’evoluzione dei supporti
La trasmissione della musica restò legata, per millenni, alla tradizione orale, l’unica modalità conosciuta per trasferire la conoscenza da una generazione all’altra almeno fino all’avvento della scrittura e all’inizio della Storia propriamente detta.
Furono i sumeri, presumibilmente a causa della crescente complessità delle melodie che ne rendeva impossibile la trasmissione orale, che, utilizzando la scrittura cuneiforme, realizzarono la prima notazione musicale vera e propria, perfezionata tempo dopo dai greci.
Occorrerà attendere il Medioevo per trovare una trasposizione della musica su carta mediante l’uso del tetragramma o dell’odierno pentagramma.
L’ideazione di uno strumento in grado di conservare e riprodurre la musica avvenne solo all’inizio del 1700, quando apparvero i primi carillon. Se inizialmente il carillon consentiva di ascoltare un’unica melodia, in quanto parte integrante dello strumento, col tempo divenne possibile cambiare i rulli contenenti la “memoria” del brano e ascoltarli con l’ausilio di un unico apparecchio.
La possibilità di memorizzare dei brani musicali si realizza esclusivamente in epoca moderna, quando la tecnologia inizia la sua vertiginosa evoluzione.
Fu Eduard Leon Scott de Martinville che, nel 1860, riuscì nella straordinaria impresa di registrare la voce umana utilizzando dei fogli di carta ricoperti di nerofumo ed uno strumento simile all’orecchio umano che chiamò fonautografo.
Le invenzioni che consentirono l’effettiva registrazione della musica furono dovute ad Edison, che inventò il fonografo, a Bell e a Tainter che inventarono il grafofono, nella seconda metà dell’800.
Il grande salto, quello che rese la musica registrata finalmente popolare e non solo un prodotto per ricchi, fu compiuto con l’invenzione del disco a 78 giri, realizzato mediante incisione di un supporto circolare e piatto in gommalacca. Il disco a 78 giri fu utilizzato, per mezzo del grammofono, per tutta la prima metà del XX secolo, fino a quando, nel 1948, fu prodotto il primo disco in vinile, in America.
Il vinile (un polimero comunemente detto PVC) consentiva l’incisione di solchi più piccoli sì da ottenere una riproduzione di notevole durata a parità di superficie. Se un brano registrato su 78 giri durava circa 3 minuti, infatti, sul 33 giri in vinile arrivava a ben 30 minuti.
Anche la qualità del suono, riprodotto tramite giradischi, era decisamente migliore, tanto che i dischi in vinile si attestarono come il migliore strumento di riproduzione audio fino ai primi anni ’80, restando in produzione su larga scala fino al decennio successivo.
Negli anni ’90 la musicassetta (un supporto di plastica contenente un nastro magnetico, leggero e maneggevole) lanciato già nel 1963 dalla Philips, si affermò sul mercato musicale mondiale, fomentato con forza anche dall’invenzione dell’apposito lettore, che la Sony chiamò Walkman, che rivoluzionò letteralmente il modo di ascoltare musica, soprattutto dei più giovani.
Nel 1983 vide la luce un nuovo tipo di disco, il CD Rom, che sbaragliò la concorrenza della musicassetta e restò in voga fino ai nostri giorni. Si trattava di una tecnologia che forniva un prodotto resistente, comodo e con una enorme capacità di archiviazione dati, che avrebbe ceduto il passo solo all’inizio del nuovo secolo, quando la Apple lanciò sul mercato l’I-Pod.
Oggi anche questo strumento di diffusione musicale appare superato dalle connessioni a banda larga. Internet spopola e la possibilità di ascoltare musica sul web non trova al momento alcuna concorrenza.
La passione per il vinile
Nonostante l’escalation iperbolica della tecnologia legata alla riproduzione della musica, il vinile resta un prodotto molto amato e ancora in commercio, sebbene destinato ad un mercato di nicchia.
Per gli “audiofili” la musica riprodotta in analogico da vinile, presenta delle “distorsioni”, vale a dire delle imperfezioni del suono che la rende più naturale e gradevole rispetto al suono prodotto da supporto magnetico, considerato più preciso ma anche più freddo e impersonale.
Sono molti i cultori dei dischi in vinile disposti a pagare prezzi anche molto alti per potersi accaparrare i mitici 33 o 45 giri d’autore, che diventano veri e propri oggetti da collezione.
Non a caso sono stati spesi ben 22.500 euro, circa, per acquistare il 45 giri del brano di Frank Wilson “Do I love you”, prodotto in due sole copie, mentre il 45 giri dei Beatles “Yesterday and Today” può arrivare a costare anche 45.000 dollari.
Chiaramente si tratta di un mercato in crescita che ha determinato anche la nascita di un particolare tipo di baratto tra audiofili.
È sufficiente eseguire una semplice ricerca su Google per trovare centinaia di annunci finalizzati allo scambio alla pari e alla compravendita di dischi in vinile.
Aumentano anche gli artisti hanno ripreso a proporre lavori su vinile, sebbene in edizioni limitate, favorendo una evidente ripresa del relativo mercato che dal 2008 non smette di crescere.
La Pink Donut, nata per favorire e rilanciare l’ascolto di musica “pura”, ha inventato il RokBlok, uno strumento con la forma di mattoncino di lunghezza pari ad 11 cm. che permette di ascoltare i dischi in vinile senza utilizzare l’anacronistico ed ingombrante giradischi.
Il vinile. Cos’è e come prendersene cura
Il disco in vinile viene prodotto mediante stampaggio a caldo in una pressa idraulica. Generata la matrice in metallo, definita “madre”, e sottoposta ad attento controllo dei solchi affinché sia perfetta, questa viene utilizzata per creare gli stampi con cui pressare la materia prima, originariamente costituita da un ammasso informe e dalla consistenza gommosa.
La superficie del disco è caratterizzata da un solco continuo a spirale (la pista sonora) all’interno del quale scorre la puntina di lettura. Poiché il solco è ondulato, la puntina, seguendo questa ondulazione, vibra, dando origine al suono.
Per conservare un disco come nuovo sono sufficienti poche e semplici regole. I rischi maggiori per il vinile sono sicuramente la polvere ed i graffi. Occorre, pertanto, evitare di toccare il solco con le mani, soprattutto se sporche (il disco va tenuto dai bordi, di taglio) e prestare particolare attenzione ad estrarre o ad inserire il disco nella sua custodia di cartone.
Prima dell’ascolto, la superficie del disco va pulita con l’apposita spazzola antistatica oppure, in mancanza, con un panno in microfibra e non va mai lasciata esposta alla polvere. I dischi, inoltre, vanno riposti sempre in verticale, possibilmente rinchiusi in una bustina di plastica trasparente prima di essere inseriti nella loro custodia.
Esistono in commercio anche delle lava dischi, un po’ costose ma in grado di rigenerare dischi all’apparenza irrimediabilmente rovinati.
A quanto pare, considerato il valore dei vecchi dischi in vinile nonché il loro prepotente ritorno in auge, sembra proprio il caso di dare un’occhiata in soffitta, o magari in garage. Chissà che non ci sia un tesoro di cui non sappiamo nulla.